“Italia, Austria e Russia nella Grande Guerra. La memoria tirolese”
Merano, 21-22 giugno 2012.
Recensione di Irene Guerrini
Il 21 e 22 giugno si è tenuto nella città termale sud tirolese di Merano questo convegno internazionale, promosso e organizzato (molto bene) dal “Centro Russo Borodina” di Merano e dal “Centro della gloria nazionale” di Mosca, con la partecipazione di studiosi dell’Accademia delle Scienze russa e dell’Associazione degli storici russi della prima Guerra Mondiale, dell’Università di Innsbruck, dell’associazione “Croce nera” per le onoranze ai caduti dell’esercito austro-ungarico, di studiosi italiani.
Il convegno si è posto l’obbiettivo di avviare un’analisi comparata sul conflitto mondiale, ponendo a confronto alcune esperienze di ricerca e il livello di elaborazione storiografica in tre Paesi che furono tra i principali protagonisti della Grande Guerra: Italia, Austria e Russia, appunto. In particolare è stato interessante il confronto con la scuola russa, che solo negli ultimi venti anni è ritornata ad analizzare la Prima guerra mondiale in modo autonomo, separandola dallo studio della Rivoluzione di Ottobre. Anche in questa occasione si sono potute apprezzare, nelle analisi condotte dagli studiosi russi, le diverse impostazioni e sensibilità relative a questo snodo storico fondamentale per la storia di quel Paese. Di particolare interesse le analisi sulla storiografia sovietica e russa relativa al conflitto di Vjacheslav Shatsillo e Evgeny Sergeev.
Uno degli argomenti cardine della conferenza è stato quello relativo ai prigionieri di guerra russi concentrati dagli austro-ungarici in Tirolo, su cui Evgeny Sergeev condusse uno studio pionieristico già nel 1993, che ebbe come corrispettivo italiano l’indagine sui prigionieri austro-ungarici di lingua italiana catturati dall’esercito zarista realizzata, negli stessi anni, da Marina Rossi, anch’essa presente a questa Conferenza.
In particolare, si è analizzato l’uso che di questi prigionieri fu fatto dalla Duplice Monarchia per costruire fortificazioni e linee ferroviarie nella provincia di Bolzano, in particolare la ferrovia della Val Gardena. L’articolazione organizzativa della Conferenza, che prevedeva appunto lo svolgimento di una sessione a S. Cristina di Val Gardena, ha consentito di coinvolgere anche studiosi locali, appartenenti alla comunità ladina che abita da sempre quella valle. In tal modo è stata analizzata la sedimentazione, nella memoria della comunità, dell’esperienza di convivenza tra le popolazioni locali ed i prigionieri di guerra. In sostanza è emersa la comune esperienza di lavoro obbligato, dato che anche gli abitanti rimasti nella valle (donne, anziani e giovanissimi) furono costretti a contribuire alla costruzione di strade, ferrovia e funivie. Da questa esperienza sembra essere nata una memoria solidale, nella quale i prigionieri russi vengono ricordati più come vittime che come nemici.
Gli organizzatori della Conferenza hanno il duplice obbiettivo di ampliare lo studio dell’impatto della guerra negli ambiti sociali, e in particolare sulle condizioni di vita degli strati più deboli (prigionieri, malati, comunità locali) e di dimostrare l’interdipendenza di tutte le regioni a diverso titolo coinvolte nel conflitto, per cui le cui conseguenze di un singolo evento influirono sulla vita quotidiana e sulla storia di comunità anche molto distanti e diverse tra loro. A tal fine si propongono di dare continuità all’iniziativa di quest’anno proponendo anche per il futuro, e in particolare per il 2014, l’organizzazione di iniziative internazionali di studio.
Questo progetto è di grande significato anche per il fatto di svolgersi, con l’appoggio dei poteri locali, in una provincia che in un ancor recente passato fu sede di dure contrapposizioni tra la comunità di lingue italiana e quella di lingua tedesca e che oggi ha invece l’ambizione di presentarsi, in un contesto europeo attraversato da tensioni e contrasti, come un luogo di riflessione e di elaborazione comune sulla storia del continente.